Ivan Illich

Descolarizzare la società.

Per una alternativa all'istituzione scolastica

Arnoldo Mondadori Editore, 1972

Negli ultimi anni abbiamo assistito e partecipato - direttamente o indirettamente - a riforme, concorsi, concorsoni che avrebbero dovuto cambiare, razionalizzare, modernizzare la scuola italiana e avvicinarla all'Europa e al mercato. A distanza di tre anni, possiamo dubitare che il riordino abbia inciso in profondità nell'assetto della scuola, nella didattica e nell'organizzazione; e i concorsi hanno rivelato la loro inadeguatezza come sistema per selezionare una classe dirigente e docente veramente pronta ad affrontare i compiti che la legge e la società le chiede.

 

Non è questo il luogo per discutere come uscire da tale impasse e se sia possibile: proviamo, però, a riavvolgere il tempo e a tornare nel 1972, quando Arnoldo Mondadori Editore pubblicava, nella collana "l'immagine del presente", un saggio di Ivan Illich, scritto due anni prima, dal titolo "Descolarizzare la società. Per una alternativa all'istituzione scolastica", che afferma:

"La scuola non favorisce né l'apprendimento né la giustizia, perché gli educatori insistono a mettere nello stesso sacco l'istruzione e i diplomi. L'apprendimento e l'assegnazione dei ruoli si fondono in una cosa sola. Ma apprendere significa acquisire in proprio una nuova capacità o una nuova conoscenza approfondita, mentre si è promossi grazie a un giudizio che altri si è formato. L'apprendimento è spesso un risultato dell'istruzione, ma la selezione per un ruolo o per una categoria nel mercato del lavoro dipende in misura sempre maggiore dalla mera durata della frequenza scolastica.

[...] La seconda grande illusione sulla quale si fonda il sistema scolastico è che la maggior parte dell'apprendimento derivi dall'insegnamento. Quest'ultimo, è vero, può in determinate circostanze facilitare certi tipi di apprendimento. Ma i più acquistano la maggior parte della loro cultura fuori della scuola, oppure anche a scuola, ma solo perché la scuola, in alcuni paesi ricchi è diventata un luogo in cui si passa segregati una parte sempre crescente della propria vita.

Quasi tutto ciò che s'impara lo si apprende casualmente, e anche l'apprendimento più intenzionale non è il risultato di un'istruzione programmata.

[...] La scuola, per sua stessa natura, tende a rivendicare e assorbire totalmente il tempo e le energie di chi ne fa parte. Di conseguenza, l'insegnante si trasforma in custode, predicatore e terapeuta. In ciascuno dei tre ruoli l'insegnante fonda la propria autorità su una prerogativa diversa. Come insegnante-custode funge da cerimoniere, che guida gli allievi nei labirintici meandri di un lungo rituale. Vigila sull'osservanza delle regole e gestisce le complicate norme dell'iniziazione alla vita. Nei casi migliori, predispone il terreno adatto all'acquisizione di qualche capacità particolare, come hanno fatto i maestri di scuola: senza illudersi di produrre una profonda cultura, addestra meccanicamente i propri allievi ad alcune tecniche basilari.

Come insegnante-moralista si sostituisce ai genitori, a Dio o allo stato. Catechizza l'allievo su ciò che è giusto o inammissibile, non soltanto a scuola ma nella società in genere. Sta in loco parentis per ciascun ragazzo e garantisce in tal modo che tutti si sentano figli dello stesso stato.

Come insegnante-terapeuta si ritiene autorizzato a frugare nella vita privata dell'allievo per aiutarlo a crescere come persona. Ma questa funzione, esercitata da chi si sente anche custode e predicatore, comporta di solito che egli persuada l'allievo ad accettare passivamente la sua visione della verità e le sue idee su ciò che è bene.

La pretesa che su questo sistema scolastico si possa fondare una società liberale è assurda.

[...] La frequenza scolastica sottrae i bambini al mondo quotidiano della cultura occidentale e li immerge in un ambiente assai più primitivo, magico e mortalmente serio [...] L'obbligo della frequenza fa sì che l'aula scolastica funga da magico utero, dal quale il bambino è periodicamente rilasciato al termine della giornata o dell'anno scolastico sinché non viene definitivamente espulso nella vita adulta".

 

Assisteremo anche alla morte della scuola dell'obbligo? Questo non dipenderà né da Ivan Illich né dal libro in cui egli mette in evidenza l'assurdità di questa istituzione come dell'automobile. Ma potrà dipendere dall'uno o dall'altro se la morte della scuola avverrà nella forma di un'ordinata e ponderata transizione a modelli diversi, preventivamente studiati e, dove possibile, collaudati, o nella forma di una catastrofe. Affinché in questo mondo prometeico possano nascere i nuovi Epimetei è necessario dare all'uomo una chance; e affinché questa possibilità e questa necessità siano riconosciute, occorre un prodotto lungimirante, occorre ancora una volta l'azione di un Prometeo. Ed è ciò che si propone questo libro

dall'introduzione al libro, di Hartmut von Hentig

 

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